Tu sei qui

Uno a zero e palla al centro

Ritratto di Gianluca Gentili
Inviato da Gianluca Gentili il Mar, 14/10/2014 - 12:50

C'è silenzio, tutti dormono in casa. Dorme tua moglie nascosta da tre strati di coperte e piumini d'oca, dormono i tuoi figli, o almeno cosi sembra dal silenzio e dalla pace che regna in casa. Hai ancora le palpebre a mezz'asta, non sai che ore sono e forse, non sai nemmeno in che giorno della settimana di trovi. Fai uno sforzo e ti tiri su con fatica, appoggiandoti con la schiena alla testiera del letto. Dalle righe dell'avvolgibile, non chiuso perfettamente, penetra la luce arancione che proviene dai lampioni e che forma file ripetute di piccoli rettangoli sul pavimento. La messa a fuoco è ancora approssimativa e, complice anche l'età che avanza, non ti permette di leggere bene l'ora dalla radiosveglia vintage a caratteri led rossi che tieni sul comodino. Ti avvicini, sobbalzi. E' tardi. Sono le 6:40 del mattino e dovresti essere già in piedi da una decina di minuti. Non molti forse, ma fondamentali per la perfetta riuscita dell'operazione "inizio della giornata". Sei scosso, cerchi le ciabatte in similpelle marrone che la sera prima hai provveduto ad allineare con precisione maniacale. Ne manca una. Una botta, un calcio, chissà. Ti inginocchi sul pavimento freddo come il pack polare e la cerchi sotto il letto. Infili un braccio, la manica del tuo pigiama diventa uno swiffer improvvisato. Tiri via una palla di "laniccia" ma della ciabatta nessuna traccia. Sei irritato e in ritardo e non necessariamente in quest'ordine. Ti sdrai sul pavimento e infili la testa sotto il letto dove tua moglie sta ancora dormendo pesantemente. Intravedi la ciabatta. E' come se avessero tracciato le due diagonali del rettangolo formato dal letto. Nel punto di incontro, al centro esatto, giace la ciabatta fuggitiva. Non ci arrivi. Rinunci e imprecando ti avvii di fretta verso il bagno saltellando per evitare di poggiare il piede nudo sul pavimento gelato. Entri in bagno, metti il miscelatore nella posizione dell'acqua calda, al massimo. Aspetti altri cinque minuti sprecando venti litri di acqua prima che la caldaia murale assetata di gas russo, si degni di rispondere al tuo comando. Sei in doccia, la temperatura dell'acqua esegue escursioni termiche di trenta gradi mettendo a dura prova la tua pazienza. Prendi il pesantissimo flacone di bagnoschiuma da due litri, preso in offerta al discount sotto casa, e inizi ad insaponarti. Passi allo shampoo, è finito. Ringhi alla sfiga, poi abbasi lo sguardo e trovi quello di tuo figlio. E' lo shampoo dei Power Rangers rosso aromatizzato alla fragola. Hai un tentennamento, l'immagine dei colleghi in ufficio che ti guardano mentre emani sensazioni fruttate dai tuoi capelli ti frena, ma poi chissenefrega, è l'unico disponibile al momento. Power Ranger sia.
Una barba al volo con un rasoio "usa e getta" che stai utilizzando dalla scorsa estate a rischio tetano, e inizi a vestirti. Hai bisogno del caffè, cerchi le tue capsule ma trovi solo quelle di color crema, quelle di tua moglie, aromatizzate alla vaniglia. A lei piacciono molto, ma gradisce anche le tue, quelle nere con miscela di arabica, e la scatola è inesorabilmente vuota. Dopo lo shampoo alla fragola, il caffè alla vaniglia è troppo. Ma non hai scelta. Lo ingurgiti come si fa con lo sciroppo amaro per la tosse grassa, tutto di un colpo, nemmeno fosse tequila. Sei pronto per uscire, è tardissimo, sono le 7:20. Non arriverai mai in tempo. Portafoglio, chiavi dell'auto e smartphone, ma l'apparecchio tecnologico non riesci a trovarlo. Eppure ti ricordi di averlo messo vicino alle chiavi. Non puoi uscire senza cellulare, sarebbe un tuffo nel passato di più di vent'anni, poi è quello di servizio, con le mail del lavoro. Fai mente locale, elabori e deduci. Lo deve aver preso tuo figlio, quello grande, il preadolescente, per giocare a qualche stupido sparatutto in soli 4 pollici quando ha un 40 pollici e una Playstation 3 a disposizione. Vai in cameretta a cercarlo, guardi l'orologio. Sono passati altri dieci minuti. La luce flebile che lasci accesa durante la notte lascia intravedere le linee del mobilio, ma non la sedia di pino massiccio lasciata davanti alla porta. La tua rotula sinistra funge da radar e individua, nel buio, lo spigolo della sedia in un istante. Imprechi rivolto a tutti gli antenati del titolare mobilificio e del falegname che l'ha costruita, ma l'hai montata tu, è una sedia svedese a pacco piatto e chiave a brugola. Zoppichi vistosamente, cerchi con affanno il tuo smartphone tra dinosauri, calzini e pupazzi di pelouche. Lo trovi. Tuo figlio, il maggiore, di nove anni lo tiene ancora tra le mani. Lo prendi con rabbia, quasi con l'intento di svegliarlo, ma lui non fa una piega. Dorme alla grande e russa, russa come un camionista ungherese alticcio dopo una notte brava passata in una bettola di quart'ordine. Esci dalla stanza, ti trovi davanti il pupazzo di Topolino. La tentazione è grande, ti è sempre stato sulle balle quel sorcio malefico e saccente, Lo calci, con forza, ma con una precisone chirurgica degna di Pijanic e lo spedisci in salone dopo averlo fatto passare sotto al sette della porta della camera. Esulti a bassa voce correndo per il salone, non hai perso il tuo destro fatato e il tuo ego ne trarrà beneficio in una giornata che è già partita male. Nonostante ti aspettino cinquanta minuti di traffico che ti dividono dall'ufficio e un altro ritardo da giustificare con il capo, sei comunque soddisfatto, un goal fa sempre morale... uno a zero e palla al centro