Da adolescente, quando ebbi le miei prime mestruazioni filosofiche, produssi una teoria che, con l’arroganza tipica delle giovani menti, ritenni di universale valore…
La teoria si risolveva in un unico profondissimo concetto: meglio essere amante che moglie.
Per ribadire questa mia elaborazione filosofica mi sarei spinta fino a richiedere all’impiegato comunale preposto alla compilazione della mia carta d’identità, di scrivere AMANTE alla voce Stato Civile.
Colpa di certe letture, che fatte in età adolescenziale possono produrre effetti stravaganti…
“Lolita” per esempio mi aveva fatto credere che anch’io potevo essere un enfant fatal… che poteva far cadere ai suoi piedi tutti gli uomini del creato, nessuno escluso, compresi i vecchi, i preti e pure i nordici…
Idolatrata, venerata, pregata… una stronza insomma che non si concede mai. Gioca, stuzzica, provoca e poi abbandona.
Sarei stata una dea, circondata da un aurea luminosa e odorosa perché dal mio corpo nessun elemento che produce brutti odori sarebbe stato mai prodotto: sudore, aria transitante nell’intestino, bisogni fisiologici…Una donna così, pensavo, non potrà mai essere una moglie, una casalinga, una madre.
Colpa di certe letture che, fatte in età giovanile, possono produrre effetti bizzarri…
“Paura di volare” per esempio, mi ha introdotto nel mondo dell’emancipazione sessuale femminile che ha insinuato in me il pensiero sempre più invadente che sposarsi per le donne implicasse una mutazione genetica a cui non si poteva sfuggire: si diventava noiose. Le mogli dopo un po’ non sorprendono più i loro uomini: cucinano sempre gli stessi piatti e sempre allo stesso modo e anche a letto, dopo un po’ si limitano a rifilare sempre la stessa pietanza.
A casa sono in ciabatte e vestaglia, in qualche caso fortunato, in tuta da ginnastica, e sono talmente sicure dello stato civile acquisito che girano con il bigodino in testa, la ceretta sui baffetti, e la crema depilatoria sotto le ascelle. Se sono madri, trattano il marito come un altro dei loro figli: stanno attente a che non prenda freddo, che non mangi troppo. Certe volte lo accontentano benevole su un capriccio, mentre altre volte lo rimproverano per la marachella. A letto invece, vige la massima “non per piacere mio ma per accontentare il vizioso e viziato bambinone mio”.
Una donna così io? Giammai!
Nella mia romantica e romanzesca visione dell’amore e del sesso, mai un uomo mi avrebbe “sgamata” a farmi la ceretta, a schiacciarmi i punti neri, a darmi il colore ai capelli, a vedermi con le mutande comode, di due taglie più grandi e di moda un decennio prima.
Ingenua, giovane donna che non si rende conto di quanto è sfiancante e debilitante nascondere ad un uomo la propria natura umana…
Poi arrivano altre letture che, fatte nell’età della consapevolezza, producono effetti imprevedibili.
Oblomov di Gončarov per esempio, mi ha fatto atterrare, senza ammortizzatori di sorta, sulla poltrona di casa mia e con il gomito sul bracciolo e il capo reclino sulla mano, mi sono arresa alla mia esuberante indole pigra: troppo codarda per affrontare le adrenaliniche esperienze di un’amante consumata e troppo snob da “abbassarmi” a ricorrere a estetisti e parrucchieri, ho preferito astenermi dalle fatiche delle aspiranti dee, che sempre alle prese con strategie e ultimi ritrovati chirurgici, lottano a vita contro il tempo, la routine, la normalità, le mogli, la noia.
La stanchezza cinica della mente matura e la pigra indolenza del corpo adulto, mi hanno fatto ripensare alla teoria dell’AMANTE di cui sopra e ho considerato che tale teoria non solo non era applicabile alla pratica dell’universo intero, ma, addirittura, non era applicabile neanche al mio ristretto spazio personale… Troppo, troppo faticosa. E non parlo solo della fatica fisica di essere sempre impeccabile e pronta al richiamo occasionale del fedifrago di turno, ma anche della frustrazione emotiva di essere la maggior parte delle volte e nella migliore delle ipotesi, la seconda classificata.
Dalla strategica posizione sulla poltrona ho realizzato che per mantenere acceso il fuoco della passione amorosa, bisogna stare perennemente a soffiarci sopra e arriverà il momento in cui il fiato verrà a mancare.
Rileggere certe fiabe in età adulta può produrre effetti illuminanti. La favola di Biancaneve per esempio, mi ha fatto rivedere la mia teoria sull’amante perfetta.
Comodamente stravaccata sulla poltrona ora mi compiaccio della mia natura mortale che mi concede di decadere con dignità. Avvolta nella mia bella felpa consunta dalla troppa vita, un panino in una mano e un bicchiere di vino nell’altra, ripasso l’elenco delle cose imperfette che mi sono persa, intenzionata e determinata a ritrovarle tutte. Un pensiero compassionevole va all’aspirante dea che si adopera e si prepara per avere sempre il carnet pieno e si ritrova di punto in bianco a fissare lo specchio da dove una rugosa e stropicciata sconosciuta la guarda inorridita e incredula.
Programmare le prossime letture può produrre effetti controllabili… si perché non vorrei che una di esse, entrando a gamba tesa nei miei pensieri, mi facesse fare una capriola, un avvitamento, un’inversione a U e mi riportasse di nuovo al punto di partenza: di fronte all’ufficiale comunale per una nuova carta di identità… a chiedermi cosa far scrivere accanto alla voce Stato Civile.
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