Ciro fa un grosso torto a Salvatore: non visto, gli ruba la polpetta dal piatto. Immediatamente dopo aver ingoiato l’ultimo boccone, comincia a prendere consapevolezza della scorrettezza fatta e cerca un modo per riparare. La “smania” di riparare è talmente smoderata che tutto passa in secondo piano, anche il derubato Salvatore. Si preoccupa solo di sé, di come liberarsi, il più presto possibile, dal senso di colpa. Pur di uscire dalla scomoda posizione del torto, escogita tutte le possibili soluzioni, anche le più assurde, arrivando persino a ipotizzare di vomitare e ricomporre la polpetta ma, diciamoci la verità, la riparazione è più stomachevole della colpa stessa.
Visto che non c’è modo di rimediare scatta il piano B: contrito e afflitto chiede perdono ammettendo la colpa ma, insieme alle scuse, sciorina motivi e motivi che l’avrebbero indotto a comportarsi male. Inonda ed esonda per spiegare, sottolineare, ribadire, che si è comportato una m…a per una fatale congiuntura planetaria, per un infausto incontro di energie negative, per un dannata esalazione di gas nervini che gli hanno confuso la mente portandolo a commettere una cosa che non gli appartiene.
La mortificazione è talmente pesante che Salvatore è tentato di prendersi un po’ del suo peso, per alleviare Ciro dal profondo senso di avvilimento e prostrazione in cui è caduto per la cattiva azione commessa. La malefica strategia di Ciro sta per dare i suoi frutti perché Salvatore tentenna e sta per perdonarlo. La rabbia però lo fa resistere e a Ciro non resta che affidarsi al piano C: occultare, con creative ricostruzioni, la colpa. Se il tentativo di scaricare la mortificazione è fallito, Ciro tenta di far ricadere la responsabilità dell’accaduto su Salvatore e lo incolpa di essere stato poco accorto, anzi peggio, di aver lasciato la polpetta nel piatto di proposito perché non gli piaceva e racconta che lui l’ha mangiata per non sprecarla, senza neanche averne voglia. Avviene in pratica, una mistificazione della realtà, che più passano i minuti, più si fissa nella mente di Ciro, provocando un’alterazione della memoria, che cancella totalmente la colpa trasformandola in atto appropriato o almeno giustificabile.
Stessa situazione, punta di vista differente: Salvatore non trova più la polpetta nel piatto. Dopo una infruttuosa veloce ricerca, vede Ciro con le mani unte e la guancia gonfia. Ciro non nega l’evidenza e, ingoiato la polpetta tutta intera, comincia a chiedere perdono e a scusarsi raccontando di essere dispiaciuto, che la fame l’ha assalito, che non sapeva che il piatto era suo, che deve perdonarlo perché non è riuscito a fermarsi, che per rimediare è disposto a tutto. Salvatore riesce a pronunciare poche frasi incompiute: “e che cavolo Ciro… però lo sapevi che era l’ultima… ma sei proprio un…”. Ciro lo interrompe e lo sovrasta con i suoi “Lo so, lo so… mi devi scusare…, non lo so che mi è preso...”.
Salvatore non lo sa che gli è preso, sa solo che la sua polpetta non c’è più e questo lo fa infuriare, vorrebbe fargli male fisicamente, vorrebbe fargliela sputare a suon di pugni insieme ai denti, ma capisce che sarebbe inutile perché comunque, non potrebbe mangiarla. Questo senso di inutilità, aggiunta all’ostentazione di pentimento di Ciro, lo fa quasi desistere dai suoi aggressivi propositi, ma, pensare che la questione si risolva senza ulteriori pene da patire per Ciro che anzi, si ritroverebbe con la polpetta nello stomaco e il perdono in tasca, lo porta repentinamente sui suoi incazzati passi: “... E sì! Ti sei appena mangiato la mia polpetta e vuoi il perdono lampo? E no, caro mio! Almeno qualcosa devi pagare… Magari non ti cambia la vita ma almeno, farti sentire uno schifo ogni volta che ci pensi, sì”.
Questa pseudo vendetta riesce un po’ a ridimensionare il senso di impotenza per il torto subito, vendetta che si completa con un rabbioso e sentito: “Ma vaffanc...”. Salvatore con questa sprezzante espressione, chiude la metaforica porta in faccia a Ciro, con la soddisfazione di aver avuto l’ultima parola e lo lascia là, sperando che la polpetta gli vada di traverso, che gli vengano lancinanti mal di pancia e che passi i successivi 25 anni, seduto sul water a pentirsi di quanto fatto. No, niente perdono, questo è l’unica cosa che lo fa stare un po’ meglio e quindi, l’unica soluzione perseguibile. Mentre si allontana però sente Ciro che dice: “Dai, perdonami. Ti prometto, non l’ho faccio più. Dai facciamo che non è successo niente e amici come prima”. Salvatore continua per la sua strada ma Ciro ha ancora qualcosa da dire: “Mamma mia però, quanto sei esagerato, era solo una polpetta e secondo me manco ti piaceva …altrimenti l’avresti mangiata prima, non l’avresti lasciata nel piatto… quello che è successo l’hai voluto tu”.
E Salvatore pensa che no, non puoi fargli questo, non può rubargli anche l’ultima parola e allora si gira, lo guarda e gli dice: “Vien’, vien’ cca! Viene a te Piglià 'o Perdono”.
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