Pierino, seduto in cattedra, rivolgendosi alla classe, comincia la lezione: “…. Allora, cari bischerelli miei, visto che non avete capito niente del testo che vi avevo dato da studiare per casa, oggi vi spiego come si può, con solo 24 pernacchie, rendere moderna, divertente e figa la scuola. E’ un metodo infallibile, l’ho inventato io. Su, forza bischeri, proviamo a fare una mega pernacchia insieme e non vi preoccupate del rumore, dopo un po’ ci si abitua… Ma cosa sono quelle facce scure da insegnanti sfigati?! Vi assicuro che dopo la mia spiegazione e la collettiva pernacchiata liberatoria, tutto l’argomento sarà chiaro e sarete felici di aver trasformato una cosa vecchia e pesante nella “Buona Scuola”.
Barzelletta?!? Potrebbe essere… c’è Pierino, ci sono le pernacchie. Questa però, ahimè, non è una barzelletta! E’ una paradossale, amara farsa cui gli “abulici e squadristi insegnanti” sono stati costretti a prendere parte come spettatori-comparse. Lo spettacolo l’ha messo in scena Renzi, regista e produttore di una pièce teatrale già proposta, con mediocre successo, anni fa da Moratti e da Gelmini e che Renzino ha ripreso, apportando qualche modifica qua e là, quel tanto per non essere accusato di plagio e per non mortificare il suo abnorme ego che mai ammetterebbe di aver attinto dal passato (il peggio, peraltro) quello che propaganda come nuovo e innovativo.
Non è mia intenzione parlare, in questo intervento, dei 24 articoli del DDL “La Buona Scuola”, perché ci vorrebbe un post troppo lungo per esprimere il mio dissenso per il disegno di legge in questione, senza considerare che sul web ci sono blogger più autorevoli di me che già hanno evidenziato i punti “osceni” della proposta renziana. Vorrei invece, condividere lo sconcerto provato nell’ascoltare i comunicati, i commenti, le dichiarazioni che sono state elargite dal premier e dai presentatori della legge a difesa della stessa e che mi sono apparse come l’aspetto più paradossale dell’intera vicenda.
Renzi vuole inviare una lettera ai docenti per “spiegare” la legge. Due gli aspetti paradossali di questa intenzione. Il primo riguarda la necessità di spiegare la legge… Una legge si accompagna di solito con vari verbi: presentare, illustrare, discutere, emendare, approvare, interpretare, applicare. Se una legge deve accompagnarsi al verbo spiegare, allora ci troviamo di fronte ad un fallimento comunicativo. La necessità di spiegarsi nasce dalla consapevolezza di avere usato parole poco efficaci a veicolare il messaggio che si intendeva inviare e, all’ inefficacia, si rimedia usando altre parole che, si spera, diano l’esatto senso di ciò che si voleva comunicare. Nel caso nostro, se si rende necessario spiegare questa legge, va da sé che, nella migliore delle ipotesi, se non per il contenuto, sicuramente nella forma questo testo di legge è scritto male.
Il tragico è che Renzi pensi che siano i destinatari del messaggio ad essere limitati, duri di comprendonio ed ecco il secondo aspetto paradossale della vicenda: i destinatari del messaggio sono i docenti. Quegli stessi docenti che hanno insegnato a leggere, a scrivere, a risolvere problemi e farsi domande a Renzi, a Giannini e a tutti gli altri parlamentari che dovranno votare la legge. Sono gli stessi che, attingendo quasi esclusivamente dalle loro energie fisiche, emotive, affettive e molte volte anche economiche, hanno fornito gli strumenti che hanno consentito agli alunni di qualche anno fa, di divenire i rappresentanti del popolo Italiano e di sedere nei banchi parlamentari. Insomma siamo quelli che hanno permesso al Pierino-Renzi di divenire quello che è diventato… in questo caso, dobbiamo ammetterlo, non abbiamo fatto un buon lavoro.
E quindi eccoci qua: a prendere lezioni da Pierino che vuole spiegare a noi come vuole far funzionare la scuola. Sì perché secondo lui, noi non abbiamo gli strumenti per capire il testo presentato e quindi il nostro Renzino, benevolmente, come si conviene ad un maestro della buona scuola, ce lo spiega con una lettera. Vi confesso che ogni giorno apro la posta elettronica ansiosa di leggere questa mail esplicativa ma, a tutt'oggi, non è arrivata. Forse qualcuno gli ha fatto notare l’inopportunità della sua intenzione? Bah?!
In attesa della lettera, noi ci prepariamo allo sciopero che non è per difendere la casta degli insegnanti (casta che percepisce - udite, udite- uno stipendio tra i più bassi d’Europa) ma è per difendere una funzione sociale che è garante del futuro di una nazione; per difendere quelle professionalità che, a dispetto delle mille difficoltà quotidiane, ancora compie il suo servizio con passione. Un servizio, consentitemi, carico della responsabilità più pesante e condizionante del benessere individuale e sociale: la formazione dell’uomo.
Caro Renzi, – la lettera la scrivo io a Lei - lo sciopero è la dimostrazione che il testo l’abbiamo compreso bene e che non bastano gli slogan e gli specchietti per le allodole (le strombazzate assunzioni) a farci diventare complici della morte per asfissia della scuola pubblica. Caro Pierino, prepari la lezione con maggior cura, perché questi bischerelli degli insegnanti, proprio non ne vogliono sapere di rimanere seduti nei banchi a farsi inebetire dal rumore delle sue pernacchie.
- Blog di Rosa Buonanno
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