Sua madre l’aveva mandata nella tana del lupo e adesso ce l’aveva di fronte. Se non fosse stato per la bocca secca e le gambe molli, poteva essere una delle normali commissioni dal bottegaio che le venivano affidate. Invece era tutto diverso, a cominciare dalla formula di acquisto che la madre le aveva fatto imparare a memoria: “Sono la figlia di Rosa e vorrei la busta e il vino che avete preparato appositamente per lei”. E che dire del pagamento? Un pacco di sale e uno di caffè. Ma soprattutto, era normale uno acquisto fatto da una ragazzina presso una fattucchiera?
Era tutto molto misterioso. Perché sua madre l’aveva mandata dalla donna che popolava gli incubi dei bambini del paese per le cose paurose che pare facesse? Cosa l’aveva spinta a rivolgersi alla vecchia strega Leda? Se le domande le venivano spontanee, le risposte invece richiedevano tempo per essere elaborate e valutate, ma lei di tempo non ne aveva. La commissione andava eseguita subito e in segreto. Arrivata alla porta della fattucchiera bussò, trattenendo il respiro fino a quando la porta si aprì e pronunciò alla fattucchiera le frasi convenute con la madre. La consegna avvenne senza altre parole e senza la minima cortesia: Anna era troppo impaurita per parlare e la vecchia troppo “strega” per convenevoli.
A casa però, si rifece, sottoponendo sua madre ad un vero e proprio interrogatorio a cui questa non si sottrasse. Anna era grande abbastanza per conoscere i segreti di casa e perciò poteva essere informata dei fatti: suo padre aveva un’amante e sua madre aveva pensato di rivolgersi alla fattucchiera per avere una delle sue miracolose “consulenze” per riportarlo fra le lenzuola matrimoniali..
- Consulenze!?
- Anna, non devi pensare male. Leda non è proprio una strega. Le malelingue la chiamano così. Leda dà consigli e qualche ricette di cucina. Le ricette non sono proprio quelle che facciamo noi, si deve aggiungere un ingrediente particolare che serve allo scopo e quest'ingrediente ce l'ha solo lei. Stasera, per esempio, mi ha consigliato di preparare delle zucchine, però invece della menta mi ha dato un’altra erba aromatica con un sapore simile, che prima ha un effetto calmante, ma poi, durante la notte, farà diventare tuo padre smanioso, come se volesse qualche cosa, ma non saprà cosa e allora io gli consiglierò di bere un bicchiere di vino che lo farà diventare ancora più smanioso e … poi vediamo che succede.
- Ma tu mangerai la stessa cosa?
- Eccome no, però nel mio piatto ci metto la menta.
Il pomeriggio successivo andò dalla strega con la scusa di informarla del buon esito della serata, ma, in realtà, voleva saperne di più su quella strana vecchia e sui suoi intrugli. La vecchia fu meno ostile del giorno prima e, senza ascoltare quello che Anna con fatica aveva escogitato di dire, la fece entrare nella sua casa polverosa e piena di anticaglie. La curiosità fu più forte della paura e, timidamente, Anna cominciò a chiedere a cosa servisse questo, quello e quell'altro ancora. La vecchia rispose arcigna e precisa a tutte le domande. La sete di magia di Anna però, era tale che non poteva esaurirsi quel pomeriggio. Ci tornò quindi tutte le volte che poteva e quando qualcuno veniva a richiedere l’intervento di Leda, Anna si nascondeva dietro una grossa cassapanca e ascoltava le fragilità, le insicurezze e le, talvolta inutili, disperazioni di molte donne del paese. Quando rimanevano sole, Leda dava alla sua allieva -tale era diventata Anna- la lezione del giorno.
Le lezioni si interruppero il pomeriggio in cui Anna scoprì che Leda dava ricette miracolose anche all’amante di suo padre, permettendole di rispondere, colpo su colpo, ai punti messi a segno da sua madre. L’affetto filiale impedì ad Anna di continuare in quel magico percorso di formazione, ma non dimenticò mai la lezione più importante di Leda: “Le erbe aromatiche devono essere scelte con cura perché inducono stati d’animo diversi. Il loro profumo non deve sovrastare il sapore degli altri ingredienti della ricetta, ché altrimenti, perderebbe la sua efficacia magica”. Leda le aveva anche insegnato che, per amplificare le sensazioni del gusto, non meno cura doveva essere posta sulla scelta del vino che non solo esaltava il gusto della ricetta, ma amplificava le emozioni, portandole ad un tale grado di purezza che diventava difficile sottrarsi al piacere del cibo.
L'insegnamento più prezioso però, non era come cucinare una pietanza o la quantità degli ingredienti che occorreva per farla, ma riguardava il modo di "sentire" la cucina: cucinare senza passione e senza immaginare quale sensazione poteva produrre l’incontro degli ingredienti scelti, non avrebbe mai condotto a quel “sapore emotivo” che arriva all’animo e non avrebbe mai consentito di arrivare al pieno godimento dei sensi. Questa era la magia delle cose buone.
- Blog di E.p.
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