Il titolo era: “Italia–Francia: 3–0; l’occhiello spiegava: “Snobbato un preziosissimo vino francese per tre bottiglie di vini italici” e l’articolo raccontava: “Insoliti ignoti, penetrati attraverso un buco nella cantina bunker di una villa di un ricco inglese, rinunciano alla bottiglia del rosso più caro al mondo, per tre vini italiani, facilmente reperibili e dal prezzo abbordabile. L’articolo continuava affermando che era improbabile che i ladri si fossero introdotti in una cantina sorvegliata più di un caveau bancario per “snobbare” il prestigioso tesoro etilico, preferendogli patriotticamente le tre bottiglie trafugate.
Il redattore ipotizzava che a compiere il furto dovessero essere stati degli improvvisati e maldestri ladri che, alla stregua di quelli che rubavano pasta e ceci nel famoso film di Monicelli, fallito il “colpaccio”, si erano accontentati di quello che avevano trovato. La tesi era giusta a metà. I maldestri ladri Luigi, Elena e Raffaele infatti, nel progettare il piano, non avevano tenuto conto della variabile emotiva. Era iniziato tutto quando avevano scoperto che il vino battuto da Christie's per svariate migliaia di dollari, era custodito in una villa dei quartieri alti della città. Quel vino era divenuto il protagonista delle loro serate.
Discutevano su sapore, colore, odore e, con voli pindarici ispirati e sostenuti dalla buona compagnia di rossi e bianchi di sostanza, erano arrivati ad escogitare i modi più sicuri per penetrare nella cantina e attingere ed intingersi in quel nettare di-vino. Ad un certo punto la fantasia era diventata una sfida e dall’immaginazione erano passati alla ricerca, allo studio, alla progettazione del piano, arrivando alla fatidica notte del colpo. Quando si erano trovati all’interno della cantina, davanti all’altare in cui alloggiava la pregiata bottiglia, avevano ritenuto di avere abbastanza tempo per fare un giro fra le altre meraviglie custodite in quel luogo.
Cominciarono, ognuno per conto proprio, una personale caccia al tesoro. Il primo a scovare il suo fu Raffaele che, dopo aver letto le etichette di varie bottiglie, mostrò vittorioso un bianco: “Questo è il vino della mia terra. L’uva da cui proviene viene raccolta da tralci alti fino a 15 metri che per reggersi si poggiano sui pioppi. Da bambino quelle viti mi apparivano dei giganti senza testa e mio padre mi diceva che quei giganti erano proprio come il vino che producevano: arcigno all’impatto, ma avvolgente e accogliente al sorso che riceve il sapore dei cibi. Dopo fu Luigi a trovare quello che cercava: il primo vino che aveva bevuto. Era un Natale di 30 anni prima.
C’erano tutti i parenti per pranzo. Lui fu scoperto in flagranza di reato mentre si scolava poche gocce di un dolce e penetrante vino rimaste sul fondo di un bicchiere. In sua difesa aveva detto: “A me mi piace il vino”. La madre l’aveva fulminato con lo sguardo per la figura che le stava facendo fare di genitrice di un alcolizzato di sei anni. A rimproverarlo, però fu la zia: “Luigi! Non va proprio bene! Non si fa! Non si dice “A me mi piace”, si dice “A me piace”!
L’ultima a trovare il “suo” vino era stata Elena. Quella bottiglia era speciale perché proveniva dai vigneti di suo nonno. Era dell’annata migliore, l’ultima prodotta dalla sua famiglia. Poi il nonno era morto e i figli avevano preferito disfarsi di una vita antica, con il sapore di sacrifici, anche se il gusto era quello di vino buono e sincero, che riesce a dare il meglio di sé con tutte le pietanze. Una lacrima le era caduta sull’orologio. Nell’asciugarla, si era accorta che l’ora segnata non concedeva più tempo da dedicare alla sinuosa bottiglia blasonata per la quale tanti rischi avevano corso.
Richiamò gli amici, costringendoli ad abbandonare la dimensione evocativa in cui erano nostalgicamente persi e, in un lampo, si ritrovarono tutti e tre fuori dalla cantina, inspiegabilmente soddisfatti. Il prezioso vino era rimasto al suo posto, le tre bottiglie invece, erano nel loro sacco. Qualcuno poteva anche considerarlo “magro”, ma gli insoliti ignoti, in fondo, avevano il bottino che cercavano: vino dai colori intensi, dal sapore di cose buone e dall’odore di casa.
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